Il Flauto

Il Flauto - Locandina

il film

E’ un racconto delicato e pregno, una tinteggiatura a pastello a coprire le domande impossibili e le risposte negate. E’ il piccolo dettaglio a farsi protagonista, è il buon senso e la semplicità che impediscono l’arrovello. Favola, non fantasy: macchia mediterranea che infesta, che sbriciola gli stereotipi.   Gennaro Esposito l’impossibile argomento. Lui direbbe: “L’ aldiquà? … l’aldilà? Stamme vicina nun me lassà!”

sinossi

 

C’è un luogo in cui le anime attendono, senza memoria, prima di nascere. Una multinazionale gestita da alieni decide chi e quando deve nascere: il progetto è lo sfruttamento, il  controllo e la globalizzazione totale del pianeta Terra. A cambiare le cose, prima in maniera impercettibile poi sempre più deflagrante, sarà un personaggio, un netturbino morto di fame, ispirato a “La livella” di Totò: Gennaro Esposito, interpretato da Patrizio Oliva.   Gennaro con la sua ignoranza, con la sua semplicità e la sua innocenza, aiutato dall’ alieno che lo ha traghettato in quel luogo e che “tifa” per la razza umana, sarà in grado di sovvertire il perfezionato meccanismo che sottomette le anime, aiutandole a ricordare e contagiandole come un virus, il virus della libertà.

note di regia

 

Raccontare senza temere la pausa, inserire un ritmo costante e mai accelerato e non cedendo ai compromessi delle clip, degli spot, della tivù.

Proteggendo l’attore e nutrendo il “sentimento”, non la “ragione”.

Morbido il dolly, lieve il carrello.

E impercettibili macchine a mano come un respiro sottilmente evidente.

Sto parlando della Lingua, non della storia, poiché come si sa è il montaggio l’anima e il corpo di un film. E specialmente il suo ritmo e possibilmente il suo stupore.

Su questa struttura apparentemente solo tecnica prende vita la favola di Gennaro Esposito, inconsapevole eroe.

Lui è mediterraneo, il resto surreale e arcano.  

Il matrimonio avverrà, stilisticamente, nei colori di una favola.

una vita nei sogni

 

Il bambino davanti allo specchio si guardava e sognava di diventare campione del mondo…

Tutt’intorno miseria, abbandono, solitudine.

Visioni di un’Italia lontana, di Napoli Milionaria, Roma città aperta, di miracolo a Milano.

Desideri lastricati di spezie, decoro di povertà, l’impossibile.

Intorno il brulicare di progetti onesti, di sudore, di fatica.

Un Italia calda e partecipe, dove la speranza non partoriva solo rovina e solitudine.

Pizza, paisà, o sole mio… e allora?

Meglio forse i tronisti, le veline, le fiction?

Meglio i diritti cancellati, la privacy polverizzata, il lavoro estinto?

Questo progresso è l’oblio del passato e il polistirolo del futuro, celle di plexiglas dove ipotecare l’anima.

E in questa terra di mezzo il bambino diventato campione del mondo decide di sognare ancora.

Con la stessa incoscienza, con la medesima determinazione.

Ma un altro sogno, perché la vita non finisce così.

E su di un set indipendente nasce un’altra favola, quella di un uomo che rimette in gioco sé stesso con l’identica umiltà e velocità della sua giovinezza.

Lo “sparviero”, che volava sui ring di tutto il mondo, decide di sfidare il mistero dell’immagine con l’esuberanza che lo contraddistingueva.

E portando con sé quel colore, quell’umanità’ e quella semplicità che non può essere comprata da nessuna parte.

“Gennarino” è il suo ruolo nel fantasy “Il Flauto” di Luciano Capponi.

Sorriso e dramma la sua dote in scena.

 

Il suo nome: Patrizio Oliva

IL FLAUTO s.r.l.:
La produzione INDIPENDENTE

Il Flauto è una produzione indipendente ma certamente non dalla censura, dalla burocrazia e dalla struttura complessiva statale disseminata da infinite regole, codicilli, balzelli, tasse.
Indipendente, quindi, si fa per dire.
Lo è invece davvero “non dipendente” per alcune realtà indiscutibili:
1. Tutti i partecipanti lo hanno fatto gratis, diventando di fatto, produttori. Un’insolita alleanza resa possibile da una comune aspirazione fuori dalle regole condita dalla fiducia e, pensa un po’, da ideali.
2. Il film rispecchia integralmente l’aspetto creativo e non si preoccupa dei generi imposti dal mercato, dei cosiddetti gusti del pubblico che in realtà sono imposti “dall’alto”, si fa per dire.
3. Non ci siamo minimamente preoccupati delle porte chiuse e invalicabili, dei sistemi che stritolano la libera iniziativa.
4. Non abbiamo raccontato una storia intimista, nevrotica, nera, hard, come pare il momento richieda. Stiamo osando una favola positiva in un mondo che sta deflagrando. Magari era proprio quello che mancava, chissà.

Questo e molto altro crediamo possa definirsi “INDIPENDENTE”.
E così, malgrado tutti gli ostacoli, eccoci qui.
Per noi è come il Pescara di Zeman che arriva in serie A.
E siccome non possiamo vendere i nostri Insigne perché sono intrappolati nell’immagine, riteniamo di poter fare un buon campionato.
Anche la scelta di non reperire i vari Gomez, Maradona e compagnia bella rispecchia la volontà di dare spazio al merito, ai nuovi volti.
Un po’ d’aria fresca.
Qui non si tratta di valutare la qualità tecnica e poetica del film, è fuori discussione ma la sostanza e la novità.
Non vi pare che tutto ciò meriti un po’ di attenzione?
Certamente il film è italiano ma, fateci caso, è esportabile.
Fateci caso.
Ai bambini, possiamo garantirlo, piace tantissimo ed anche al
popolo.

Lo abbiamo ampiamente testato.
Sappiamo anche di essere nelle mani della stampa e dei media, ci mancherebbe altro.
Ma non è che una volta tanto si possa sorridere e magari commuoversi, anche se non è politicallo-corrécchete?
O siamo d’accordo con la ministra che vuol togliere padre e madre dai documenti per sostituirli con genitore 1 e 2?
Comunque, grazie.
Da parte dell’indipendenza.
Il Flauto

LE IG-NOTE di REGIA


Ed eccoci di nuovo qui…
Ingabbiati, stretti, martoriati dal “come si fa”.
A credere che un film sia una storia che bisogna raccontare e specialmente “capire”.
A mettere il regista e l’autore sul banco degli imputati.
A parlar male perché “così si fa”.
E a dir bene se una volontà superiore (Dio?) lo impone.
Ma gli accordi sono stati sempre due: maggiore e minore, non si sfugge.
E un film, prima di tutto, è “l’emozione che porta”.
Sono volumi che si rincorrono, non piani euclidei.
Chi riuscirà a spiegare in modo euclideo un quadro di Picasso ha la cena pagata per un anno.
È come l’esistenza di Dio, tutti lo cercano ma nessuno ci crede davvero: vogliono spiegarlo!
L’uomo più fertile della terra è stato sicuramente San Tommaso, la sua progenie prolifera in moltitudini intellettuali sul pianeta.
Ma torniamo alle note di regia, ammettendo che le abbia dimenticate.
Il Flauto prende spunto e perché no, vigore, da un semplicissimo evento: la trasformazione di una croce in uno strumento musicale, un flauto per l’appunto.
La parola di Dio diventa la musica di Dio.
Questa immagine riassume tutto: cosa c’è da capire?
La musica si capisce forse?
Sempre che la RAGIONE non abbia cancellato definitivamente l’INTUITO.
A mio avviso “cogito… ergo non sum”, di questo ho le prove ma non intellettuali.
Ho scelto di raccontare una favola (non capisco perché bisogna chiamarla fantasy) senza gli isterismi narrativi che imperano nel cinema, il dolore delle piccole storie private, i piagnistei, la cruda rappresentazione della contemporaneità in nome del politically correct.
Ma siamo diventati matti?
A mio figlio consiglio la lettura di Peter Pan e attendo sereno il momento in cui sarà costretto a guardare una fiction o una trasmissione televisiva perché saprà come difendersi.
La situazione, cari amici, è sul bordo dell’abisso, prego rendersene conto.
E così, senza aver dimenticato mai le note di regia, ho raccontato l’esistenza di una globalizzazione anche nel cosiddetto “aldilà”: metafora o realtà?
Fate voi.
Dovremmo fare una cura di “buon senso” e di semplicità nonché di rispetto reciproco.
Anche perché un film non è il successo, la gloria dei riflettori, il divismo e l’urlo beatificante di orde di fans, pecore ingozzate dal sistema.
Un film è semplicemente un messaggio, un respiro, un’intuizione.
Vogliamo rimettere a scuola questa possibile poesia?
O lasciare ai nostri figli lo squallore e l’abominio dei tronisti e delle veline e quant’altro?
O il ghigno insulso di un giocatore di calcio ignorante, strafottente, violento, innalzato ad idolo?
O le chiacchiere stolide sul perché non si possa usare la moviola in campo?
O la buona fede degli arbitri?
Ci si prende in giro, conoscendo tutti come stanno le cose.
Sapete cosa m’hanno chiesto alla CENSURA? (Sì, esiste la censura in Italia)
Se abbiamo maltrattato le mosche nel film.
Ho un documento che lo certifica e anche testimonianze.
Siamo nel baratro.
A voi piace com’è diventata la vita?
O c’è qualcosa che non va?
Tutte queste cose racconto ne Il Flauto ed altre cose ancora.
Attraverso Gennaro Esposito, netturbino.
L’Italia che non c’è più ma che potrebbe esplodere o rinascere.
Buona visione.
Alla fine della proiezione evitiamo le formalità.
Non è una provocazione, solo un sorriso.
È legale?

CAST ARTISTICO

CAST TECNICO


– REGIA Luciano Capponi
– SOGGETTO Luciano Capponi
– SCENEGGIATURA Luciano Capponi
– DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA Luciano Capponi
– MONTAGGIO Luciano Capponi
– AIUTO REGIA Ilaria Mancini
– SEGRETARIA DI EDIZIONE Loredana Trombetta
– SCENOGRAFIA Stefania Del Re
– MUSICHE Luciano Capponi
– COSTUMI Elisa Dina
– TRUCCO Francesca Sortino
– OPERATORE Stefano Colzani
– SOUND DESIGN Bruno Ventura
– FONICO MIX Fabrizio Bacherini
– FONICO DI PRESA DIRETTA Federico Tummolo
– UFFICIO STAMPA Reggi & Spizzichino

NOTE TECNICHE:

– DURATA 98’
– SUPPORTO DCP
– CAMERA Red Scarlet
– SUONO Digital Surround 5.1 Dolby Surround LtRt
– GENERE Fantasy

LA LOCATION
I Casali di Cavallaro, Isola Capo Rizzuto — KR
Antica dimora della Famiglia Foresta.

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Cinema

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