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 Trailer dello spettacolo

IL MANDATO
di Luciano Capponi
con  Daniele Aldovrandi – Giulio Brando – Chiara Assunçao – Jonathan Muller
Stefano D’Angelo – Nunzio Alaimo,
diretto da Luciano Capponi
TEATRO DUE
Vicolo Due Macelli, Roma
dal 23 novembre al 22 dicembre 2018

Dal mercoledì al sabato – ore 21

 

Ufficio Stampa
Francesca Rabuffi – francescarabuffi@gmail.com – tel 348 41 25 705

PER INFO E PRENOTAZIONI:

Associazione Culturale I BirBi
associazione.ibirbi@gmail.com – tel 333 89 51 584

 

 

Sfrontata, irriverente e totalmente provocatoria è l’ultima opera di Luciano Capponi: il tema è un “j’accuse” rivolto ai rappresentanti di Dio sulla terra che, dettando regole ed elencando peccati, hanno inquinato il rapporto tra Dio e gli uomini col senso di colpa e la paura, ma hanno così acquisito enorme potere e ricchezza.

Ma chi ve l’ha data la patente – pardon – il mandato ? chiede Capponi

Chi vi ha dato l’autorizzazione a interpretare il pensiero di Dio?

Tra momenti di grande ironia e comicità e momenti di brutali verità, si suggerisce la possibilità di un rapporto diverso, amichevole, con dio e persino con i suoi rappresentanti sulla Terra i quali, una volta lasciati gli orpelli e i paludamenti del potere, si rivelano semplicemente per quello che sono: uomini.

L’opera è arricchita da una serie di filmati – alcuni anche storici – che danno allo spettacolo un ritmo incalzante che cattura l’attenzione dello spettatore e infine lo lascia sorridente e riappacificato con se stesso e col divino. Non sarebbe meraviglioso avere un rapporto diretto con quel Dio che sussurra attraverso la nostra coscienza?

Di grande bravura Giulio Brando che si dibatte nelle parti del Cardinale che cerca di resistere alle provocazioni, alle sfide e ai turbamenti dei bravissimi Stefano D’Angelo e Nunzio Alaimo nei panni di due demenziali visitatori, di Jonathan Müller perfetto nei panni di una madre potente, ma dal passato oscuro e della sua stessa assistente, l’irresistibile Chiara Assunçao nel ruolo di Suor Maria dallo Spirito Infuocato che, reduce da un convento di clausura, sente il potente richiamo della carne. Di grande spessore e significato l’incisivo Daniele Aldrovandi che esce da un quadro dei tempi della Santa Inquisizione per spiegare al Cardinale come nel corso dei secoli è stato acquisito il potere sulle masse.

Una regia attenta, raffinata, insolita, arricchita da soluzioni sceniche sorprendenti e di grande effetto.

 

NOTE DI REGIA
Una petite pensèe sur Dieu
La vita è bella?
Nel silente tramonto di un suggestivo panorama, dove amanti si scambiano promesse
eterne e bimbi giocano sul bagnasciuga, alcune guerre di religione recitano un dramma
costante.
Pesci grandi divorano pesci piccoli, radici putrefatte sciolgono financo la corteccia di
alberi grandi, vermi banchettano gioiosi.
Nella notte che segue orde di giovani e di adulti, “affamati nudi isterici”, consumano se
stessi sull’altare della droga e delle perversioni.
Tutti costoro moriranno, come tutti gli uomini, inesorabilmente tesi ad essere sostituiti da
altre persone insostituibili.
La paura regna sovrana, il “motivo conduttore” della razza bipede.
Un uomo solo, il Cardinale Armando della Mariposa, pregno della sua innocenza si erge
inconsapevole dalla brodaglia putrescente che lo circonda.
Senza certezze, senza proclami e senza furore, comprenderà il legame sottile fra la
coscienza e la divinità.
Scritto nel 1998, questo Pontefice sembra essere Bergoglio.
Sembra.

SINOSSI
A dieci anni Armando viene messo in un Seminario.
Si interrompono in un attimo i suoi sogni e la sua creatività.
Lui amava danzare e cantare e il suo idolo era Edith Piaf.
La madre, vigorosa e determinata, sceglie per lui la sua vita: diventerà Cardinale.
Una giornata spesa a dialogare con i fedeli viene interrotta da un quadro che prende vita:
lo Spirito dell’Inquisizione.
Questo cambierà tutto e suo malgrado, non per sua scelta, diventerà Papa.

IGNOTE di REGIA
Il teatro è un attore nudo sulla scena, senza scenografia né musica.
Una luce su di lui e nient’altro.
La sua carne è l’immagine, i suoi movimenti il ritmo e la scenografia e i suoi silenzi l’anima.
E le parole verticali il contorno e il sollievo della Ragione. Ma il teatro è morto.
Ucciso dagli intellettuali, dai professori, dagli storici. Non sanno, essi, che il copione è solo
un’indicazione, una possibilità virtuale senza sudore.
Non sanno che ognuno è sé stesso e non potrà mai essere Jago o Amleto o chi vi pare a Voi.
Non sanno che il mistero della “RECITAZIONE” è “NON RECITARE”, e per giustificare
questa nascosta ma fragorosa ignoranza hanno costruito una BABELE di pregiudizi, regole,
comportamenti.
Hanno inventato la DIZIONE sostituendo con un’IMMAGINE un piatto di spaghetti al
pomodoro e basilico: senza profumo né sapore e cancellando la divina salivazione che precede
la prima forchettata.
Hanno reso politically-correct le scenografie che devono essere significanti, complesse e
mentali ma specialmente molto costose.
E i costumi griffati, appariscenti, voluminosi e anch’ essi molto cari.
E le musiche con il nome che “TIRA”. Così come gli attori che “TIRANO”, sennò chi ci va a
teatro.
E i cartelloni sempre con gli stessi titoli. Come l’OPERA: un omaggio permanente ministeriale.
Il teatro è sudore quantico e non ha parentele con la letteratura né con la storia.
Il teatro è condivisione della “FOLLIA” e la ricerca degli infiniti spazi interdimensionali fra
le parole e i movimenti.
E in questi spazi nasce l’ arcobaleno di una reale creatività e la rappresentazione permanente
del “DIVERSO”.
L’ attore è il MESSAGGIO, è la sua vita che si manifesta, la sua libertà d’ espressione, il suo
fluire senza condizionamenti.
E il regista è lo “SPECCHIO”, l’ amico, il compagno di giochi, non “COLUI CHE COMANDA”,
l’inarrivabile MAESTRO.
è un artigiano, in grado di mostrare la parte prima di te, di sudare più di te e di SERVIRE
più di ogni altro.
E di aiutare l’ attore ad essere semplicemente “NATURALE”, la scoperta più deflagrante del
palcoscenico: Sé STESSO.
Ma hanno inventato le scuole che uniformano e massificano rendendo gli attori fotocopie
sbiadite della “REALTà”.
Se va bene così, amen.
La mia è una posizione scomoda: l’importante è che rimanga ignota.
Per cui…..non fateci caso.

Luciano Capponi